Il Piccolo -

«Far dialogare i diversi saperi, la strada per costruire un futuro sostenbile»

«Anche nello studio dell’economia, come nella ricerca scientifica, ci sono sempre state due polarità opposte, eppure complementari: la specializzazione, indispensabile per esplorare a fondo i singoli problemi, e la necessità di osservarli da diversi punti di vista, per comprenderli meglio. E non soltanto all’interno della stessa disciplina, sul fronte macro e micro economico. L’economia ha sempre più bisogno di dialogare con altri saperi. Un esempio classico è la neuroeconomia, una nuova disciplina che studia il funzionamento della mente umana in relazione a decisioni di carattere economico: richiede il lavoro congiunto di economisti e neuroscienziati».

Spiega così Fiorella Kostoris, economista e docente di Finanza pubblica alla Luiss, il valore dell’interdisciplinarietà negli studi economici. Nata a Roma ma cresciuta a Trieste, Kostoris è stata protagonista ieri di uno dei panel dell’ultima giornata di Trieste Next, “L’interdisciplinarietà per un futuro sostenibile”, che l’ha vista in dialogo con Antonino Cattaneo, docente di Fisiologia alla Normale di Pisa, e Paolo Fornasiero, professore di Chimica inorganica all’Università di Trieste.

A moderare l’incontro Stefano Fantoni, presidente della Fit – Fondazione internazionale per il progresso e la libertà delle scienze, che non a caso a Trieste ha fondato, insieme a Ogs, il Laboratorio per la sostenibilità quantitativa, che fa dell’interdisciplinarietà una delle sue ragioni di vita.
«La caduta delle barriere disciplinari è il nuovo paradigma che deve emergere per la costruzione di un futuro sostenibile. Interdisciplinarietà e transdisciplinarietà però non significano “sapere niente di tutto” – ha puntualizzato Fantoni – ma imparare a essere aperti, curiosi del giardino del vicino, affascinati anche dall’improbabile». Ma come conciliare il progresso economico con la sostenibilità?

Per Kostoris non si tratta di qualcosa d’impossibile, ma è fondamentale che lo Stato intervenga per indirizzare il cambiamento: «Ogni cambiamento implica un certo grado di distruzione delle vecchie risorse per fare strada alle nuove – spiega l’economista -. Ma il comportamento dei privati può tendere a un’eccessiva distruzione: lo Stato deve regolarlo, affinché sia un comportamento sostenibile. Deve operare per redistribuire parte delle risorse di chi ha creato nuova ricchezza a favore di quelli che hanno perduto le vecchie sicurezze: ciò si può fare attraverso un sistema di tasse e sussidi».

Chi ha avuto degli extra profitti, come le Big Tech, «pagherà tasse maggiorate, che andranno redistribuite anche per compensare i perdenti, che si creano inevitabilmente con ogni progresso tecnologico». Per Kostoris infine è fondamentale che lo Stato stesso eviti comportamenti insostenibili: il deficit non può essere interamente prodotto da spese improduttive, come sussidi e bonus. «Il Pnrr va in questa direzione, che è la stessa richiesta dall’Europa: spese per investimenti pubblici in infrastrutture e capitale umano e riforme strutturali, per aumentare la produttività». Peccato che di rado la politica e conomica segua questa via: «Ma si tratta di comportamenti che spesso non collimano con la logica economica: l’investimento pubblico aiuterà le generazioni future, ma non sono loro a votare nel presente».

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