Dentro il nostro telefonino ci sono almeno trenta elementi diversi, che lo rendono un «piccolo tesoro»: oro, rame, terre rare. Litio, cobalto e nichel sono infatti impiegati in molte tecnologie, dai tablet fino all’intelligenza artificiale. Ma servono anche a realizzare turbine eoliche o pannelli fotovoltaici: «Il futuro dipende da questi metalli: motori dell’economia, essenziali per la transizione energetica e digitale». Ne è certo Paul Ekins, docente di Politica delle risorse e dell’ambiente all’University College of London. Ospite nell’ultima giornata di Trieste Next – in dialogo con Gian Andrea Blengini, docente di Ingegneria dell’ambiente al Politecnico di Torino, e Alois Bonifacio, cattedra di Chimica all’Università di Trieste – Ekins riflette sui materiali rari e sul «rischio del collo di bottiglia».
Professore, transizione ambientale e digitale richiedono enormi quantità di materie prime. Quali, ad esempio? «La mobilità elettrica richiederà sempre più batterie, e questo si tradurrà in un’espansione della domanda di litio. Il Cile, in particolare, è tra i principali produttori di litio, ma la Cina ne controlla gran parte dei giacimenti e mantiene il monopolio sulla raffinazione, come anche del cobalto dal Congo, o delle terre rare critiche».
Cosa intende per terre rare? «È un gruppo di 17 elementi della tavola periodica che comprende lantanio, cerio, neodimio, europio e altri. Importanti per le loro applicazioni tecnologiche, dai magneti alle fibre ottiche, ma anche per la transizione energetica: sono alla base di turbine eoliche e pannelli solari».
Ce ne sono a sufficienza? «Il nome in effetti è improprio: non sono poi così rare, ma sono presenti in concentrazioni diverse e non dappertutto. Molti di questi giacimenti si trovano in Paesi emergenti. E dopo essere estratti, devono essere raffinati: un processo molto costoso, che sta innescando tensioni internazionali. Il rischio è una dipendenza dalla Cina».
Riusciremo a procurarcele in tempo? «È una sfida, il nuovo “collo di bottiglia” dell’Europa. Da un lato, questi materiali sono imprescindibili a un’economia più sostenibile. Dall’altro, sono estratte con metodi non sostenibili, con effetti devastanti su ambiente e comunità locali».
Perché in Congo si combatte una guerra per il cobalto? «In Congo sono estratte più della metà delle forniture di cobalto, essenziale per cellulari e computer, ma a guadagnarci è di nuovo la Cina. Nelle miniere lavorano soprattutto minori, in condizioni disumane. E tanto il processo di estrazione, quanto quello di lavorazione, inquinano l’ambiente».
Come si inseriscono l’Italia e l’Ue in questa scacchiera? «La domanda di terre rare dell’Ue aumenterà di sette volte entro il 2050, di litio e cobalto di venti volte. La Commissione europea punta ad aumentare l’estrazione delle terre rare in Norvegia, Svezia, e Finlandia. Ma per competere con la Cina è importante rafforzare le intese con i Paesi emergenti in cui si trovano i giacimenti, come Africa o Sud America. Ed è cruciale che il beneficio sia mutuale: non possiamo più sfruttare il resto del mondo come una nostra colonia».